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Stabilimento Teatrale OFFICINE PINELLI

Posted 2014-08-22 23:24:51 | Views: 2,425
OFFICINE PINELLI in breve:

- 2007 nasce la compagnia S.T.O.P. Stabilimento Teatrale “OFFICINE PINELLI” già Teatroasincrono. Ne sono fondatori: Alberto Guariento, Paolo Zaffaina, Davide Cavaletti. 
2008 Si aggiungono al progetto Chiara Canton, Anna Di Stefano, Roberta Borghi e Renzo Pagliaroto.
Va in scena “PSICOATTORI” scritto e diretto da Paolo Zaffaina rappresentato nello stesso anno presso il teatro comunale di Spinea, il “Festival Nazionale di Serravalle”, il teatro comunale di Mirano e il Teatro Momo di Venezia. 
- 2009 S.T.O.P. produce “STRANGE PEOPLE” spettacolo satirico scritto da Paolo Zaffaina per la regia di Edoardo Fainello, che viene rappresentato presso il Teatro Comunale di Spinea, il Teatro Momo di Venezia, Festival di Lova, Festival di Martellago. Sempre nel 2009 su commissione dell’Università degli Studi di Padova in occasione dell’anno Galileiano, S.T.O.P. realizza la riduzione scenica del testo “GALILEO GALILEI “ di Nicola Dalla Porta. Rappresentato nello stesso anno presso l’istituto di Astrofisica dell’Università di Padova, il Palazzo della Ragione di Padova, la Sala dell’archivio antico-Palazzo del Bo a Padova
- 2010 “LA CURA” dramma in due atti, testo di Paolo Zaffaina, progetto che affronta le condizioni di vita e le modalità di cura all’interno degli istituti psichiatrici prima della Legge Basaglia. Il lavoro di regia è stato effettuato con l’aiuto di specialisti e la preparazione dei personaggi è stata sviluppata attraverso interviste effettuate alle famiglie di chi convive con la malattia mentale. Tra il 2010 ed il 2011 LA CURA viene rappresentato, con la regia di Edoardo Fainello, presso Teatro Bixio di Vicenza, al Teatro Comunale di Mirano, al Teatro Comunale di Spinea, Teatro Momo di Venezia, Teatro Aurora di Marghera, rassegna “UNIVERSI  DIVERSI” organizzata dal comune di Padova, rassegna “ESTATE CARRARESE” organizzata dal comune di Padova. 
- 2011 S.T.O.P. presenta tre nuovi spettacoli, due produzioni interamente proprie “LA VARIANTE JANOWSKY “ secondo classificato al concorso nazionale di drammaturgia DCQ 2011 rappresentato a Padova per la rassegna ESTATE CARRARESE 2011, a Roma nella stagione 2012 di ABARICO TEATRO, a Spinea per la stagione 2012 di Teatrino ZERO, a Vittorio Veneto per la stagione 2012 del Teatro Stabile Da Ponte; “PARCO SOGNI” commedia surreale rappresentata l’anno successivo in occasione della rassegna “ESTATE CARRARESE” 2012 del comune di Padova; “NON PIU’ SOLE” di Javier Daulte, Jorge Acebo e Mattias Herrera per la regia di Edoardo Fainello.
- 2012 le nuove produzioni di S.T.O.P. sono: “ITALIA LIBRE Appunti per una moderna rivoluzione borghese” (di cui è stato presentato uno studio a gennaio del 2012), vincitore del premio nazionale DCQ e del Festival Nazionale di Drammaturgia “DIECI LUNE”.
La produzione S.T.O.P. PER IL 2013/14 è: 
- LA RUGGINE (una storia qualunque) - teatro 
- ARTICOLO QUATTRO - cortometraggio                                  
- STRIACI Ta pum Ta pum - teatro - LA DANZA DELLE MEDUSE - visual performance 
- EVITA - teatro (progetto di residenza con la compagnia Corpiscenici) -
IL PROGETTO S.T.O.P.

Il progetto S.T.O.P.  nasce nel 2007 per volontà di Alberto Guariento , Paolo Zaffaina e Davide Cavaletti con l’intento di promuovere attività culturali ed artistiche sia sul territorio del veneziano sia al di fuori dei confini provinciali e regionali. Dal 2008 S.T.O.P. realizza diverse produzioni (LA CURA, LA VARIANTE JANOWSKY, STRANGE PEOPLE, ITALIA LIBRE) tutti rappresentati a livello nazionale. Alcune di queste produzioni (LA VARIANTE JANOWSKY, ITALIA LIBRE) ricevono riconoscimenti vincendo due premi nazionali di drammaturgia (premio nazionale per la drammaturgia “DCQ” e premio nazionale per la drammaturgia “DIECI LUNE) e sono pubblicati sulla rivista di teatro PERLASCENA (LA VARIANTE JANOWSKY e LA RUGGINE) nonché editi dalla casa editrice BEL-AMI EDIZIONI di Roma (ITALIA LIBRE). L’ultima produzione S.T.O.P. è lo spettacolo “STRIACI TA PUM TA PUM” una piece realizzata in occasione della ricorrenza dell’inizio della prima guerra mondiale. In “STRIACI” si è deciso di affrontare la tragicità del conflitto attraverso uno studio approfondito sulla lingua (i diversi dialetti) e sul conseguente processo di integrazione tra le differenti culture regionali che necessariamente venne messo in atto in un Italia che all’epoca era unita solo sulla carta ma ancora separata linguisticamente e culturalmente. Parallelamente all’attività teatrale l’Associazione ha promosso in questi anni attività culturali come la presentazione di libri in collaborazione con la rivista letteraria “INUTILE” e attività didattiche quali corsi di teatro e drammaturgia per bambini, ragazzi ed adulti. In particolare nel 2010 l’associazione Natibrutti ha realizzato, in collaborazione con la U.I.C. Unione Italiana Ciechi, il progetto “SESTO SENSO” corso di teatro per persone non vedenti. Nel dicembre 2010 l’Associazione ottiene dall’amministrazione del comune di Spinea il permesso di utilizzare la palestra in disuso dell’ex scuola “Calvino”. Nel maggio del 2011 nasce Teatrino ZERO un teatro off realizzato all’interno dell’ex scuola Calvino. L’intero progetto è autofinanziato e a tutt’oggi non ha mai fatto uso né richiesto l’utilizzo di soldi pubblici. Nell’ottobre del 2011 comincia la prima rassegna di Teatrino ZERO. Nell’arco di tre anni la stagione teatrale di Teatrino ZERO ha ospitato più di ottanta tra spettacoli teatrali e concerti di artisti di livello nazionale ed internazionale ricevendo riscontri molto positivi a livello mediatico. La stagione 2013 di Teatrino ZERO è stata inserita dalla critica tra le cinque più importanti rassegne di teatro OFF in Italia. La stagione 2014 vede la presenza in rassegna di compagnie teatrali quali “TEATRINO GIULLARE, CARROZZERIA ORFEO, MARTA DALLA VIA, BALLETTO CIVILE” e musicisti quali il pianista “GLAUCO VENIER” (già candidato a due Grammy Awards) con la presentazione in prima assoluta del suo nuovo disco. 
Attualmente S.T.O.P. sta lavorando ad un progetto teatrale che affronta la storia del petrolchimico di Marghera dagli anni ’50 ad oggi. Il progetto dal titolo MRAGHERA BEAT si avvale della collaborazione del poeta Ferruccio Brugnaro, una delle voci più significative di quegli anni e ad oggi, considerato uno dei più importanti poeti italiani viventi, sia per la sua lirica che per l’impegno civile che ha sempre contraddistinto i suoi lavori.
TEATRINO ZERO
 La residenza delle OFFICINE PINELLI
LE PRODUZIONI S.T.O.P.


Uno psichiatra ed il suo ambizioso progetto: trasformare dei pazienti di una clinica psichiatrica in  persone “normali” attraverso un’innovativa forma di teatro-terapia. 
Ma quando il mondo dei folli si scontra con un mondo ancor più folle la detonazione è inevitabile, ed  il confine viene annullato. 
La sottomissione, la rabbia, la ribellione, lo scontro.
Una sequenza incessante di sorprese, rivelazioni e terribili segreti condurrà lo spettatore attraverso  un viaggio che farà ridere, riflettere, commuovere ed arrabbiare. 
Fino ad arrivare al momento in cui i due mondi si fonderanno, costringendo il pubblico a ripercorrere  la storia a ritroso per trovarne la verità assoluta. 

Oltre due anni di lavoro sono stati necessari per portare quest’opera sul palcoscenico.
Il lavoro di regia è stato effettuato con l’aiuto di specialisti e la preparazione dei personaggi è stata  fatta con le interviste effettuate alle famiglie di chi convive con la malattia mentale, per riportarne nei teatri la vera essenza ed il dovuto rispetto. 

LA CURA
PARCO SOGNI
Due uomini, un parco e un incidente imprevisto .
Due persone rinchiuse insieme per un’intera notte. Un confronto tra epoche profondamente diverse e lontane nel tempo, vissuto attraverso la vita i ricordi e le esperienze. Un incontro e uno scontro generazionale dove l’incapacità di comprendere l’uno le motivazioni dell’altro porta i due protagonisti ad un dialogo serrato che si divincola tra la drammaticità degli eventi che hanno caratterizzato gli ultimi anni della nostra storia e la comica assurdità di una situazione paradossale che li vede prigionieri in luogo fuori dal tempo. Mentre, sullo sfondo di una notte d’estate apparentemente tranquilla, eventi incomprensibili al limite del surreale si combinano come piccoli pezzi di un mosaico a mostrare una verità che solamente con le prime luci dell’alba risulterà completamente comprensibile ai due prigionieri

LA VARIANTE JANOWSKY
L’appartamento di una città vuota immersa in un’estate che sembra non avere fine. L’incontro tra un uomo e una donna. La passione ed il sesso che divampano inattesi e indomabili come antidoto alla solitudine. E l’amore, che tenta di emergere continuamente sopraffatto dal bisogno di individualità. Il desiderio che lentamente si tramuta in un duello serrato giocato a colpi di parole per giustificare la propria esistenza. Un flusso ininterrotto di pensieri, frasi, suoni che permeano lo spazio tra due persone incapaci di comunicare se non nei momenti di silenzio. Parole sussurrate, urlate, scagliate e usate come armi per dominare l’avversario. Parole senza controllo che in un delirante crescendo divengono accuse violente, dalle quali affiora la verità di un tremendo segreto inconsapevolmente condiviso. La verità di un incontro forse non casuale 

- Spettacolo finalista Premio Nazionale di Drammaturgia DCQ
- Pubblicato sulla rivista di teatro PERLASCENA
- Testo esposto alla mostra della scienza di Ginevra come esempio di paradosso matematico in    forma verbale 
RELAZIONI PERICOLOSE 
Un coinvolgente spettacolo noir tra le righe del teatro dell’assurdo e del gioco degli scacchi. 

La scenografia che si presenta agli occhi dello spettatore è un paesaggio simmetrico, quadrato, di colore bianco e nero come una scacchiera. Un appartamento di una grande metropoli. All’interno si muovono un uomo e una donna. Un gioco pericoloso perché si tratta di passione nata fra due sconosciuti e ancora più pericolosa per l’iniziale obiettivo di lui, uccidere lei. Una storia noir narrata a colpi di parole. Dialoghi che sembrano lame affilate con le quali i sessi si difendono. A volte vorrebbero lasciarsi andare, ma il gioco dei ruoli e la difesa della propria identità non glielo permettono. Il nonsense delle loro frasi rispecchia l’impossibilità di comprendersi fino in fondo, la presenza di un muro, forse trasparente ma presente. Da quanto tempo si conoscono queste due persone? Lo spazio è sempre lo stesso, ma il tempo va avanti e indietro. Le foto appese al muro sembrano raccontare una lunga storia d’amore, trasformatasi poi in un duello serrato a colpi di parole per giustificare la loro esistenza. Non siamo quello che siamo, ma quello che facciamo. E questa insistenza per dare un senso alle loro vite rende difficile l’emergere di un amore. Lentamente lo spettatore visualizza le sottili corde che legano i due e che allo stesso tempo, se tirate troppo, rischiano di soffocarli. L’atmosfera è avvolgente, di suspense. Una tensione creata attraverso raccordi simmetrici dei movimenti, attraverso gli sguardi e i dialoghi, i quali grazie a una ben studiata assurdità catturano l’attenzione generando, nel pubblico, sorrisi di consenso. Dalle parole dell’autore si tratta di «sperimentazione della semantica». Ripensando a Ionesco e Campanile «il grottesco e il nonsense divengono strumenti utilizzati per sottolineare la drammatica e al contempo surreale condizione sociale che ci circonda». La relazione si trasforma in una lotta, abilmente resa attraverso una danza. Il gioco dell’amore, in cui il più forte diventerà il più debole e in cui il rapporto può trasformarsi anche fino ad uccidere. A un avvicinamento dei corpi corrisponde una spinta compulsiva per allontanarli. Chi sarà il più forte? Chi dei due riuscirà a imporre la propria individualità? È una partita a scacchi, tra mosse strategiche e passaggi impulsivi, in attesa dello scacco matto. La variante Janowsky è la prima di tre pièce che affrontano lo studio di una società individualistica in cui l’interesse del singolo e il desiderio di emergere sono le regole fondamentali per sopravvivere.

(Daria bellucco per Persinsala)
LA VARIANTE JANOWSKY
Una variazione di varianti

La variante Janowsky di Paolo Zaffaina Una variazione di varianti Di Roberta Borghi La ripetizione del sottotitolo può forse dare un’idea del gioco di scrittura che sottende a questo interessante testo teatrale contemporaneo di Paolo Zaffaina, finalista al premio di drammaturgia CDQ, e portato in scena, sabato 5 novembre 2011, all’interno della rassegna Teatrino ZERO di Spinea-Venezia. Un gioco al massacro, verbale, che trova nella ripetizione e nel richiamo appunto delle alterne battute, con, via via, piccole varianti finali d’innesto che ne cambiano o ne stravolgono il significato, la strada che porterà al ‘THE END’. Una passione d’amore che scoppia improvvisa tra un uomo ed una donna in una calda sera d’estate, passione contraddetta e negata nel linguaggio verbale dei due, ma alimentata inarrestabilmente in quello dei loro corpi. Una partita a scacchi (che tipo di variante sarà, la variante Janowskj, si chiede qualche spettatore inesperto) che si gioca su più piani: fisico, mentale, verbale in un continuo bianco e nero, restituito anche nell’immagine visiva della piéce. Una scenografia raffinata, minima nel mobilio (4 quadrati bianchi, una sedia, 3 foto sul fondale ed un ventilatore), ricorda quei quadri di R. Magritte dove l’atmosfera è sospesa, in attesa di un qualcosa che accada. E qui l’atmosfera è quella di un thriller-noir: lui è un killer professionista disilluso, studioso delle battaglie storiche del passato, lei una ambigua fotografa con in casa una camera oscura che non si apre e con tanto gelato alla stracciatella nel frigorifero giallo. Nel mezzo, un trillo di telefono, per lui, che chiede e ricorda se il lavoro è stato terminato. Gli attori: Edoardo Fainello e Chiara Canton hanno saputo ben tenere il ritmo aritmico della narrazione, con movimenti precisi, in sintonia tra loro e ben restituendo i vari aspetti dei personaggi. Pochi brani musicali, ben individuati, hanno concorso alla composizione teatrale come una pari voce tra le altre della messa in scena: quella psicologica, interiore, dell’istinto non filtrato di due esseri umani, capaci di amarsi solamente nella ‘fusis’ del corpo, trovando quell’ultimo contatto nella danza onirica finale che tutto trascina verso la fine. Poi alle ore tre, suoneranno le campane, ed un colpo di pistola al buio decreterà la variante del finale di partita. 

(Roberta Borghi per Teatro & Critica)
RECENSIONI
ITALIA LIBRE
Appunti per una moderna rivoluzione borghese
Il malessere di una nazione visto attraverso l’incontro 
tra due amici. La sensazione di disagio ed impotenza che emerge  attraverso un dialogo serrato in cui il bisogno di una vita migliore si scontra con il nichilismo di una esistenza basata esclusivamente sul concetto di consumo. Il tentativo di opporsi ad un sistema senza valori ne ideali. La rabbia che sfocia in un delirante e grottesco progetto di rivolta per cambiare lo stato delle cose. Due uomini, una casa e il sogno di una rivoluzione che ridia dignità e libertà ad un paese immerso nella corruzione. E il sogno che lentamente si trasforma in incubo soccombendo sotto la violenta necessità di far emergere solamente gli interessi personali a discapito della speranza di un futuro migliore. 

Spettacolo vincitore del premio nazionale di drammaturgia DCQ.

Spettacolo vincitore del premio nazionale di drammaturgia DIECILUNE.

Edito presso Bel-Ami edizioni.



Note di drammaturgia 
“ITALIA LIBRE Appunti per una moderna rivoluzione borghese” nasce dalla volontà di raccontare una società individualista in cui
l’interesse del singolo ed il desiderio di emergere a discapito
dei propri simili sono le regole fondamentali per sopravvivere.
Nella piece si affronta il contrasto tra il bisogno, diffuso
almeno a parole, di reagire ed opporsi ad un sistema consumistico
che annichilisce ogni volontà e l’indolenza, l’incapacità di
rinunciare ad un illusorio benessere per perseguire gli ideali e i
valori che renderebbero migliore una società in cui
l’individualismo regna sovrano. I due quarantenni protagonisti di
Italia Libre vivono una vita stereotipata, infarcita di luoghi
comuni. Sono i figli o meglio i prodotti di quello stile di vita
che dagli anni ottanta in poi ha sostituito le lotte e i movimenti
per l’impegno sociale e civile che avevano caratterizzato il
ventennio precedente con banali prodotti di consumo. Spartacus e Goldrake sono lo specchio di una società individualista,
egocentrica, narcisista e spietata e per questo apatica ed
indifferente a qualsiasi valore etico e morale. Sono il risultato
di un compromesso che il nostro sistema sociale ha passivamente
accettato barattando la propria dignità civile con una felicità
preconfezionata e prestabilita; compromesso che sempre più spesso, purtroppo, porta ad accettare passivamente soprusi ed atrocità. Spartacus e Goldrake non sono cattivi e non sono nemmeno degli idealisti fanatici, sono semplicemente infantili. Infantile è il loro atteggiamento, infantile è il loro pensiero, il loro egoismo, infantili sono i loro progetti campati per aria e senza
possibilità di realizzazione ed infantile è la loro violenza
perché infantile è, di fatto, la società a cui appartengono.
L’impianto drammaturgico non si basa solo ed esclusivamente sulla trama ma si sviluppa parallelamente anche attraverso una semantica in cui il grottesco ed il nonsense vengono utilizzati per
sottolineare la drammatica e, al contempo, grottesca situazione
del nostro tempo. Ho scelto questa via espressiva perché credo che l’ironia e l’assurdo con il loro cinismo e la loro schiettezza
siano strumenti molto utili per mettere in luce e raccontare
realtà drammatiche e violente. Lo stesso utilizzo di fumetti per
raccontare degli eventi all’interno della rappresentazione, oltre
a fungere da escamotage per evitare cambi di scena è
un modo semplice e popolare per evidenziare l’infantilismo cronico
del contesto sociale all’interno del quale si svolgono gli eventi
della piece.
Paolo Zaffaina
VIDEO INTEGRALE "ITALIA LIBRE"
RECENSIONI
"...Sin dalla sua prima lettura, Italia Libre di Paolo Zaffaina richiama, almeno nelle pagine iniziali, un nume tutelare tra i più illustri del teatro contemporaneo. Non può non venir alla mente del lettore, così come a quella dello spettatore, l’opera di Samuel Beckett e situazioni che riecheggiano altre del teatro dell’assurdo e che ben si ritrovano nello scambio di battute...il lavoro del drammaturgo veneto si 
trasforma pian piano, battuta dopo battuta in qualcosa di diverso che si discosta dall’assurdo e si fa vero teatro politico... Ultimo autore che ci ritorna alla mente è, infine, il nostro Dario Fo, in particolare se si guarda ad un
testo quale Il Fanfani rapito (1975) e ad un uso davvero mirabile, da parte di Zaffaina, di un apparato visivo composto anch’esso da una valenza altamente metaforica...Molti sono, quindi, i punti di contatto con grandi rappresentanti del teatro, ma si badi bene a non
cadere in un errore grossolano. Italia Libre rimane un lavoro originale e potente. Un’opera attuale,
che guarda alla tradizione di un teatro politico, di denuncia, grottesco e satirico perché ne è figlio ed
erede. Non perché ne è copia. Anzi."
(Armando Rotondi docente di “Discipline dello Spettacolo e dei Grandi Eventi” presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.)
“...Dallo scontro allo scarto, passando per un “atto unico”. Lo spettacolo antidoto dell’incendiario Paolo Zaffaina... Teatro di sperimentazione antiretorica incuneato tra
performance civile e satira tarantiniana. Una manovra di eversione battezzata dal rhum e finita a revolverate. Italia libre, la cinica divertita pièce di Paolo Zaffaina che prova a rieducare on la chimica perizia di un dialogo permeato dalla logica del botta-riposta socratico e dal nonsense sfrenato di una cultura che sovrappone comunismo e neo liberismo, belle gnocche, anni di piombo e fantascienza a fumetti, utopia anti schiavista e annichilimento da prontuari you-tube... Da un monolocale bollente di propositi confusi ad un rapimento “casalingo”, fino al duello scottiano, esilarante e crudo, dell’epilogo, sfila la suspence beckettiana di una violenza prima liminale poi scatologica, e insieme propulsiva per la lotta irrisolta dei due eroi (s)mascherati”
(Sarah Panatta per RETROSPETTIVE)
“...L’opera di Paolo Zaffaina è una brillante commedia nera sull’imborghesimento degli ideali al tempo degli smartphone...Zaffaina mette in scena a suon di dialoghi serrati e di trovate esilaranti e politicamente scorrette il senso di vuoto di una generazione cresciuta tra Apple e Youtube che alla piazza preferisce il web e che al posto di
battere il terreno al grido di “Sous le pavé la plage” si limita a battere 140 caratteri su twitter.
( Paola Francesca Spada per RECENSITO)
“...Uno spettacolo leggero, ben strutturato e che mette in evidenza molte delle assuefazioni moderne... Italia Libre si configura dunque come una commedia amara da accompagnare con un sorriso di disagio, un sassolino di denuncia sociale tirato nel mare di battute e proclami (a)tipici di due giovani, finalmente consapevoli del mondo che li circonda.”
(PAROLIBERO)
“...Il mix tra i due stereotipi della lotta armata e dell’alienazione consumistica avvolge la vivacità dello spettacolo di una forte carica ironico-cinica, la quale si riflette nell’intento dei protagonisti: due falliti che cercano di cambiare la propria esistenza non possono, purtroppo, che apparire come una barzelletta...”
(Lucrezia Ercolani per PENSIERI DI CARTAPESTA)
“Una commedia amara¨intrisa di denuncia sociale...Ed è proprio qui che il testo brilla. Un insolita licenza teatrale crea una situazione paradossale in cui lo scherzo si mescola alla seriosità degli intenti.La fine è di lì a un passo e il ritmo in crescendo strappa più di qualche applauso... L’amarezza delle conclusioni che si possono trarre a sipario chiuso è però mitigata da uno scrosciante e ripetuto applauso ai due anzi interpreti di “Italia Libre”
(Gianluigi Cacciotti per SALTINARIA)
“...Italia Libre è un perfetto mix di risate e riflessione sulla nostra contemporaneità una satira non tanto dei nostri tempi quanto della percezione che di essi abbiamo delle ipocrisie e delle debolezze di una borghesia stanca arrabbiata ma incapace di uscire dal proprio torpore se non in modo eccessivo.”
(Roberto Semprebene per FOURZINE)
“…Un sabato sera da sballo, follie a base di coca e un’improvvisa presa di coscienza: il Sistema controlla, omologa, manipola. Grottesca ed esilarante denuncia dell’imborghesimento degli ideali. Ripresa di un successo della passata stagione…”
(Corriere.it)
Una commedia amara, intrisa di denuncia sociale. Il dramma di una generazione in balìa delle acque di un sistema che ci controlla, ci scruta e ci condiziona. La voglia di ribellarsi a questo occhio onnipresente è il fulcro da cui ha inizio la storia… Ed è proprio qui che il testo (o forse la messa in scena) brilla: un'insolita licenza teatrale crea una situazione paradossale in cui lo scherzo si mescola alla seriosità degli intenti. La rivoluzione ora è uno sketch cabarettistico dove i due improbabili ribelli cercano legittimazione per il loro operato. La fine è di lì a un passo... e il ritmo in crescendo strappa più di qualche applauso (un notevole contributo è stato dato anche da un impeccabile tempismo scenico).
L'amarezza delle conclusioni che si possono trarre a sipario chiuso è però mitigata da uno scrosciante e ripetuto applauso ai due (anzi tre) interpreti di “Italia Libre”.
Non proprio una rivoluzione, quanto un modesto invito a prendere coscienza della propria vita e delle proprie ambizioni, a cui deve necessariamente far seguito un'analisi di costi e benefici: vale davvero la pena vivere nella consapevolezza di ciò che ci circonda?
(Ginaluca Cacciotti per SALTINARIA)
Un’osservazione critica, preoccupata, un’amara riflessione su quanto sta succedendo nella nostra società, svuotata, intorpidita, drogata, dagli smartphone, da Facebook, YouTube, internet, twitter. Il testo, dell’autore e regista nativo di Mirano, Paolo Zaffaina, “Italia Libre - Appunti per una moderna rivoluzione borghese”,
pur facendo sorridere, ma in modo amaro, è una profonda, grottesca, denuncia del sistema omologato dell’imborghesimento degli ideali in un’era in cui domina lo sballo, il frivolo e l’immagine, mentre rimane poco o niente per i contenuti e per i veri valori dell’uomo. Abbiamo conosciuto il testo ed applaudito lo spettacolo di Paolo Zaffaina, a Catania, proposto dalla Compagnia DoveComeQuando di Roma, nella sala del Brass Jazz Club – La Cartiera, in chiusura dell’apprezzata rassegna “Palco off – Le Voci del teatro”, diretta da Francesca Vitale…
Ed al pubblico, tra applausi, qualche risata amara e delle profonde riflessioni, rimarrà il quadro desolante della società attuale, il vuoto di una generazione cresciuta tra Apple, cinguettii, Facebook e faccine, che vuole tutto e subito e che il grido di “Italia Libre” è solo uno slogan per potersi sballare in uno dei tanti sabato sera.
Spettacolo divertente ed allo stesso amaro, regia ben curata ed interpreti molto applauditi per il loro tempismo in scena, per i loro battibecchi, le loro battute che, nonostante le tematiche affrontate, riscuotono i consensi e divertono gli spettatori.
(Maurizio Giordano per DRAMMA.IT)


IMHOFF periodico a periodi

Posted 2014-08-22 01:32:36 | Views: 2,206
                        IMHOFF
                  Rivista monografica di pensiero liquido
SAPEVATELO
Un po’ di storia 
La satira (dal latino satura lanx, il vassoio riempito di offerte agli dei) è un genere della letteratura e di altre arti caratterizzata dall’attenzione critica alla politica e alla società, mostrandone le contraddizioni e promuovendo il cambiamento. 
Fine storia 

UN PO' DI INFORMAZIONE 
« La satira è quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene. (Prima sezione penale della Corte di Cassazione, sentenza n. 9246/2006) » 
Fine informazione
NOSTALGIA CANAGLIA
Matteo Renzi nuovo segretario del Partito Democratico. 
Adesso finalmente capite perché mangiavamo i bambini. 
Scusa Enrico.
IL COLMO PER…
Il colmo per un comico? Creare un movimento (politico) di persone senza senso dell’umorismo.
SINDROME SVEDESE
“Non ce la faccio. Dopo diciannove anni e otto mesi esatti non ce la faccio ad esultare, proprio no. Sono disorientato, affranto e disperato. Mi sento triste e afflitto da un profondo e doloroso senso di abbandono. Un buco nero che non so come colmare. Qualsiasi cosa funge da alibi per riportare alla memoria due decenni di vita. Mi ritrovo a piangere di fronte al poster dei mondiali dell’82 con sotto la scritta “FORZA ITALIA”; mi intenerisco davanti ad una prostituta minorenne; vago senza meta in cerca di evasori fiscali da abbracciare; nutro uno smisurato odio nei confronti di tutti i giudici senza alcuna distinzione e appartenenza politica, compresi quelli di X-FACTOR. E non so cosa fare. Ho passato la notte ad ascoltare inni che dicono che tu ci sei, con la scatola del MONOPOLI sul tavolo, sostituendo tutti gli imprevisti “ANDATE IN PRIGIONE DIRETTAMENTE E SENZA PASSARE DAL VIA” con le probabilità “AVETE IL PERMESSO DI REALIZZARE UN DECRETO LEGGE A VOSTRO FAVORE” ma tu non ci sei. E così rimango qui, con addosso un doppio petto, un paio di scarpe con il tacco rialzato, la faccia ricoperta di vernice epossidica carteggiata, parlando con il cane immaginando che sia il mio direttore di giornale, registrando le battute dell’intera trilogia de “IL PADRINO” con il mio iphone per poi riascoltarle e dargli una minima parvenza di intercettazioni. Qui, immerso in un presente malinconico, un presente senza futuro perché non esiste futuro senza te. 
Ciao Silvio.
Per sempre tuo, G.B.”
Con l’espressione Sindrome di Stoccolma ci si riferisce ad uno stato psicologico particolare che si manifesta in seguito ad un episodio estremamente violento o traumatico, ad esempio un sequestro di persona o un abuso ripetuto. Il soggetto affetto da Sindrome di Stoccolma durante l’abuso o la prigionia, prova sentimento positivo, fino all’amore, nei confronti del proprio aguzzino. Si crea una sorta di alleanza e solidarietà tra la vittima e il carnefice.
Tentando una schematizzazione, potremmo individuare la sequenza degli stati emotivi di un ostaggio come segue:
1. Incredulità;
2. Illusione di ottenere presto la
   liberazione;
3. Delusione per la mancata, immediata,
   liberazione da parte dell’autorità;
4. Impegno in lavoro fisico o mentale;
5. Rassegna del proprio passato.
Franco Bitossi 
(Eraclea 1973 - Rosolina Mare 1981) 
Occupazione: biglia da spiaggia
APPUNTI DI VIAGGIO...
UNA ORGOGLIONA VERDE DOMENICA
Il C.O.L.I.O.N.S. : Comitato Organizzativo Leghisti Italiani Orgoglio Nazional Separatista organizza per domenica una gita fuori dalle cinta murarie.
1) Ore 6,00 ritrovo in piazza Generale Borghezio
2) Ore 6,30 partenza con autobusverderamarro
3) Ore 6,35 esecuzione esercizi ginnici da fermi; descritti nel manuale del “Leghista in salute”
4) Ore 6,37 intrattenimento con canzoni popolari quali: “ El terun che’l spusa”, “ Extracomunitario vattene via”, “Il gommone bucato”, “ Bossi, Bossi, eia eia allalà!” (tutti sono tenuti a cantare).
5) Ore 7,30 sosta per colazione in autogrill “Giussano 3” e scrittura, con pennarello indelebile,di improperi e frasi razziste nei bagni dello stesso autogrill.
6) Ore 8,30 ripartenza dall’autogrill e ripresa canzoni popolari (tutti sono tenuti a cantare)
7) Ore 9,00 presentazione programma del C.O.L.I.O.N.S. anno 2014.
8) Ore 9,03 presentazione Nuovo Manifesto Ideologico del C.O.L.I.O.N.S
9) Ore 9,05 descrizione tecniche A.S.I. (Abbattimento Straniero Indesiderato) secondo le nuove normative europee.
10) Ore 9,30 Intonazione di “Và pensiero” attraverso la tecnica del rutto sospirato (tutti sono tenuti a ruttare)
11) Ore 10,00 sosta alla statua di Martin Luther King per imbrattamento con bombolette spray (fornite dall’organizzazione)
12) Ore 11,00 sosta al ponte dei Martiri e gara di sputi ai senzatetto sottostanti. Lo sputo migliore verrà premiato con una copia dell’ultimo cd di Mariella De Nazi “Senatur Mon Amour”
13) Ore 12,30 sosta alla locanda “L’immigrato Impiccato” e pranzo con seguente menù:
-Strozzanegri al pomodoro
-Saltimbocca al marocchino
-Cappone nigeriano allo spiedo
-Patate israeliane al forno
-Sgroppino
-Caffe’ nero
-Ammazzacaffè nero
14) Ore 13,30 partenza. Riposino del buon leghista
15) Ore 14,30 arrivo al campo di accoglienza profughi. Divisione in squadre, attribuzione ad ogni squadra della zona di pestaggio e saccheggio.
16) Ore 18,30 ritrovo all’autobusverderamarro.
17) Ore 18,35 partenza
18) Ore 18,40 elogi al proprio operato, sfottò agli immigrati pestati, atteggiamenti vanagloriosi.
19) Ore 18,50 spartizione del bottino proveniente dai saccheggi.
20) Ore 19,00 elezione della squadra vincitrice che avrà realizzato il maggior numero di pestaggi.
- Squadra prima classificata: una settimana in omaggio in uno dei campi profughi sparsi per l’Italia all inclusive. Compresa di una licenza di pestaggio selvaggio valida per due persone.
- Squadra seconda classificata: Targa olografata con immagine di Ns. Signore Umberto B. cheselaguardiditraversodiventaGesùCristo. Ogni componente della squadra verrà inoltre omaggiato di una copia del nuovo libro del Generale Borghezio “ Vi spieggo la demmocrazzia” autografato dallo stesso.
- Squadra terza classificata: targa olografata e cd contenente il nuovo videogame “brucia el negher” realizzato da Renzo “bocciatoduevolteallamaturità” Bossi. Geniale figlio del nostro Patriarca.
- Ogni partecipante verrà omaggiato di un manganello da viaggio in rovere massiccio
21) Ore 20,30 arrivo. Ritorno alle proprie case padane, atteggiamento tronfio con i propri famigliari e trasmissione dei sani e puri ideali alla propria prole (tutti sono tenuti alla trasmissione degli ideali)

Cordiali Saluti
Direzione Generale
C.O.L.I.O.N.S.

Note: per motivi igienici ognuno e pregato di venire munito del proprio manganello e della propria mazza ferrata. In caso di alabarde si prega di portare solamente quelle pieghevoli onde evitare problemi di ingombro.

L'ANGOLO DELL'APPOSTA
Il mio paese è una nazzione e secondo me e la nazzione più belllissimissima del mondo. Nel mio paese ce’ il mare e le montagne   ( ma io ci preferisco il mare perché ci è l’aqua e si fanno i castelli co la sabbia). Poi ci sono i parchi aqquatici e i bigmac e ci sono i cartoni animati tutto il giorno. Il mio paese è importante e buono perchè aiuta i poveri e la gente che ha paura che vive negli altri paesi che non sono fortunati come il mio e allora il mio paese che è una nazzione ci manda i militari a uccidere i cattivi che fanno male a gli altri bambini come me. Quando la gente scappa dal suo paese il mio paese gli da una casa e anche un lavoro e il bigmac. Ne il mio paese ci sono tante scuole e i bambini giocano quando è la ricreazzione e le maestre sono buone. La maestra patrizia è la più buona di tutte. Io sono felice che questo è il mio paese e non capisco perché non sono tutti felici. Il mio papà si arrabia sempre e dice che no gli piace più questo paese che è una nazzione. L’altra sera che stavamo mangiando i mio papà ha urlato alla mamma che si era comprata le scarpe nuove (che a me mi piacevano) e gli ha detto che lei ha buttato via i soldi che non serviva. Ma io ho pensato che se le ha comprate i soldi li ha dati ha quello del negozio e no li ha butati via. Poi alla notte quando ero a letto la mamma piangeva che il papà era arrabiato perché diceva che la fine del mese è lontana e bisogna mangiare e no si può comprare tante cose. Ma tanto poi si mangia lo stesso anche due volte al giorno che a me non va. Poi ci è sempre il bigmac che costa due euro e ti danno anche la coca. Nel mio paese trovi sempre il bigmac. Poi la mamma e il papà hanno fatto la pace e lei non piangeva più e io ero contento. I mio papà la vora tutti i giorni. Parte la mattina e io no lo vedo più fino alla sera perché faccio tempo pieno alla scuola. Lui lavora anche tutti i sabati (ma non tutti). La mia
mamma lavora anche lei ma no tutto i giorno solo fino a il pomeriggio. Lei va nelle case e pulisce le case di chi non può pulirle perché deve lavorare. Poi viene a casa e pulisce la casa nostra. Però questo no è un lavoro perché e la casa nostra e allora quando lo fa è la mamma. Anche il nonno brontola sempre e dice che lui stava meglio quando stava peggio ma secondo me sbaglia a dire le cose per che no si può stare meglio quando stai peggio. 
Mio nonno ha fatto la guerra. Lui uccideva i nemici che volevano rubarci il paese che poi è diventato una nazzione. Lui dice sempre che la guerra è brutta ma secondo me se lui l’ha fatta vuol dire che non è vero. Altromenti non ci andava. Io vedo su film che nella guerra tu spari ma muoiono i cattivi (certe volte anche i buoni ma non erano proprio buoni buoni). I buoni quelli veri no muoiono perché sono bravi a combattere e hanno il coraggio. Anche io un giorno voglio fare la guerra contro i marziani e poi divento un eroe. Il papà dice che sta andando tutto a putane (che è una parolaccia) e che diventiamo poveri perché forse chiude la sua fabbrica e vanno a fare tutte le cose in cina e che no ci è più
lavoro. Ma poi va a lavorare tutti i giorni e fa anche due di lavori ( a il mio papà piace tanto lavorare). L’altro giorno è venuto mio zio tullio a trovarci e era arrabiato anche lui. Ha detto che gli hanno ritirato la patente perché aveva bevuto due birre che era andato a mangiare la pizza co mia zia e i miei cugini. Adesso lui no ha più la macchina e no può lavorare perché il suo lavoro lo fa co la macchina. Allora mia mamma che è sua sorella ha pianto ancora. Mia mamma rideva di più quando ero più piccolo. Così adesso i miei cugini vengono a mangiare da noi ogni giorno quando finiscono la scuola e io sono felice perché poi giochiamo sempre. Anche la mia nonna ha detto che no è possibile andare avanti così. Ma io ho pensato che si sbaglia perché no stiamo andando avanti, non ci muoviamo e siamo sempre fermi. Ieri la mia nonna è andata via in bicicletta e la hanno fermata i vigili perché no poteva passare sul marciapiede co la bicicletta. Allora le volevano togliere dei punti e lei le ha dato la tessera del supermercato che fa la raccolta e loro ci hanno data lo multa ma lei ha detto vafanculo (che è una parolaccia) e è scappata e è venuta a casa che era più veloce di dragonbol. Ma i vigili la hanno inseguita (ma loro ci hanno la macchina) e poi hanno suonato il campanello e hanno dato la multa alla mamma. Quando è arrivato mio papà da il lavoro si è arabiato con tutti e tanto con la mia nonna e gli ha detto che no può più usare la bicicletta e la ha chiusa con un luccheto. Ma mia nonna si fa prestare la bicicletta dalla maria che è la vicina di casa che no la usa perché ha un brutto male ( che io non conosco male che sia bello). Mio fratello che ha tanti anni di più di me dice che è colpa dei stranieri e dei immigrati. Che fanno schifo e che sono delinquenti che rubano. Ieri sera ha detto che anche lui adesso comincia andare in giro a controllare a fare ordine di notte e mio nonno ha detto che è un collione (che è una parolaccia) e che anche la guerra è cominciata così. Ma per me lui dice una bugia e la sera va dalla cristel che è la sua morosa (ma a me no piace). Oggi ho chiesto a azziz che è il mio più speciale amico se lui è straniero e lui ha detto che no lo sa perché la sua mamma e i suo papa sono dal marocco ma lui è nato qui ma la gente dice che sono stranieri anche lui. Aziz è bravissimo a giocare a calcio come kakà però è sfortunato perché non lo prendono in squadra. Io gioco in porta come buffon che è il più bravissimo portiere del mondo. Ieri sera che stavamo mangiando i papà ha detto che tra un poco no ci sarà gnanche più il telegiornale perché tra un po’ non si potrà più dire le notizie che cè chi non vuole e che allora non cè più liberta. Ma io sono più contento così fanno più cartoni che mi piacciono di più del telegiornale ( a parte quando fanno vedere gli aerei delle guerre). Lui dice che no si può più fare nulla e che uno solo che decide che no è giusto ma anche io no posso fare come voglio che decide solo lui (ma anche la mamma e i grandi) però alla fine faccio lo stesso. Io penso che il mio paese è il migliore di tutti anche se la giente dice di no ma se lo pensano davvero andrebbero in un altro paese. Per me lo fanno a posta per farci credere a noi bambini che dobbiamo fare i compiti e ubbidire altrimenti succedono le cose brutte. Io ci voglio bene al mio paese che ci ha anche il  campionato co le squadre più forti. Tra un po’ il campionatoricomincia (che non vedo lora) e allora i grandi e anche il mio papà sono anche loro più felici e non si arrabiano più. 
E speriamo che questanno vince il milan.
CRONACA LOCALE
All’una di mattina del ventiquattro maggio il letto numero sedici del reparto di medicina dell’ospedale “Mario e Pippo Santoanastaso” di Grantortello era occupato da Artemio Trombin di professione fabbro in pensione. Motivo del ricovero: infarto del miocardio dovuto al sovrappeso associato al dolore straziante per la prematura perdita del suo amato iguana Karl Marx. 
Nel letto a fianco riposava Giuseppe Folletti detto “Brugola”, di professione idraulico, elettricista, a volte pittore. Motivo del ricovero: intossicazione alimentare dovuta a una non meglio precisata quantità di grappa di pioppo ingerita la sera stessa e prodotta in casa dallo stesso Folletti.
Il Trombin era stato ricoverato il giorno precedente. L’occlusione arteriosa lo aveva colpito a tradimento durante l’ora di pranzo ed era crollato, come ciccio morto cade, finendo con la faccia dentro la terrina di gnocchi al ragù fatti in casa; di fronte lo sguardo impietrito e un po’ schifato della moglie.
Portato a terra dal secondo piano con la gru di un camion da traslochi, era stato trasportato d’urgenza al pronto soccorso con gli gnocchi ancora fumanti dentro il taschino della camicia e non si era più ripreso.
Lo avevano successivamente trasferito nel reparto di medicina e ora, Artemio Trombin fabbro in pensione, disteso sul letto, vestito come un paggetto gigante, con un paio di pantaloni del pigiama, azzurri, di due taglie più piccoli, una canottiera con intarsi di ragù sul ventre rotondo, giocava la sua drammatica partita con la morte.
Alle due del mattino la morte vinse per uno a zero.
Non c’era nessuno vicino a lui quando accadde e, d’altro canto, i decessi in ospedale sono all’ordine del giorno (anche in cantiere ma questa è un’altra storia). Ma se qualcuno fosse stato presente si sarebbe accorto del momento in cui veniva esalato l’ultimo respiro se non altro per il fatto che, un istante dopo la sua dipartita, il corpo di Artemio Trombin di professione fabbro in pensione, era sospeso in aria a circa un metro dal letto.
Quando Marisa Perelli, infermiera neodiplomata al suo primo incarico, un quarto d’ora dopo entrò nella stanza, non si avvide subito dello strano evento che si stava verificando in quel momento sul letto numero sedici; anche perché la stanza era immersa nel buio e la Perelli era immersa nel rincoglionimento da sonno. Di conseguenza, l’ignara novizia, si diresse spedita verso il letto del Folletti con la flebo di fisiologica in mano. Appena accesa la luce ebbe un sussulto nel trovarsi davanti il Brugola seduto sul letto con lo sguardo fisso, catatonico, che puntava all’altro lato della stanza.
Dopo aver inutilmente tentato di ravvivare il paziente scuotendolo più volte come una maracas, l’infermiera si girò per cercare di capire cosa attirasse tanto l’attenzione del Folletti.
Nel trovarsi di fronte il Trombin-dirigibile, l’infermiera Marisa Perelli infermiera neodiplomata al suo primo incarico, venne ad assumere, per uno strano caso di osmosi catatonica, la stessa espressione inebetita del Brugola seduto al suo fianco.
Dopo circa due minuti di stand-by il cervello della Perelli ricominciò lentamente a inviare blandi segnali al resto del corpo che le consentirono di uscire meccanicamente dalla stanza e avviarsi verso l’ufficio dove si trovava la collega intenta a seguire la replica della puntata tremilaseicentosette di “Frittelle”, la soap opera più vista del momento.
Entrata nell’ufficio l’infermiera, esprimendosi solo con consonati, fece capire, con qualche difficoltà, a Bianca Storti la sua anziana collega, di seguirla.
La Storti, seccata per dover abbandonare la sua soap opera preferita e per non aver avuto un rapporto carnale con nessuno tra animali vegetali o minerali, negli ultimi sei anni, si diresse verso la stanza, preceduta dall’amica.
Affacciandosi alla porta smadonnando, guardò prima in cagnesco il Folletti che oramai stava seduto nella posizione del loto in contemplazione e poi si rivolse in direzione dello sguardo di quest’ultimo, imbrugolendosi di colpo anch’essa.
Le ci volle circa un minuto per riprendersi (meno della collega per una valida questione di anzianità) dopo di che, sbalordita, si avvicinò al corpo fluttuante del Trombin e lo toccò senza però provocare nessun spostamento sostanziale da parte del fabbro volante. A quel punto, riprese ormai in mano le redini della propria psiche, la Storti si ricompose tornando ad assumere, almeno parzialmente, un atteggiamento professionale. Prima di tutto decise di verificare le condizioni del Trombin. Salita su una sedia, armata di stetoscopio e sfigmomanometro, constatò l’avvenuto decesso del paziente; poi, con fare deciso, ordinò alla Perelli di salire sull’altra sedia, di appoggiarsi sul corpo sospeso e di premere verso il basso con tutta la forza che una neodiplomata con contratto part-time può imprimere.
Dopo diversi tentativi falliti di riportare il corpo nella sua sede naturale e dopo aver escluso la proposta della collega di aggiungere tre materassi sul letto per mimetizzare l’evento e lasciare che se la sbrigassero i colleghi del turno successivo, Bianca Storti decise che l’unica cosa da fare, per quanto estrema e pericolosa, fosse quella di svegliare il medico di guardia.
Sentendosi chiamare dolcemente il dottor De Tommaso, cardiochirurgo di provata esperienza con l’hobby dell’origami, si alzò lentamente, si sistemò alla bell’e meglio, si mise la giacca, prese la borsa e, ancora assonnato, salutò cortesemente l’infermiera avviandosi verso la porta per tornarsene a casa.
Fu a quel punto che l’infermiera Storti gli fece notare che erano le tre e un quarto del mattino e che lo aveva svegliato in quanto si era verificato un piccolo problema di nessuna importanza con il paziente del letto numero sedici.
Il dottor De Tommaso, giustamente paonazzo e inferocito, cominciò a inveire nei confronti della poverella accusandola di incompetenza e di non conoscere il regolamento il quale prevede che: a meno di catastrofi naturali di bibliche proporzioni, partita della nazionale di calcio in diretta da un altro continente o festa con possibilità palesi di accoppiamento, un medico di guardia non va mai svegliato.
L’infermiera, titubante ma sicura (mah!), chiese al medico di seguirla e mentre questi la minacciava di ritorsioni nei confronti della famiglia, si avviarono verso il letto numero sedici. Il De Tommaso entrò sbraitando nella stanza e vedendo il Trombin-pallone galleggiare sopra il letto, forte della sua decennale esperienza e della freddezza che si addice a un cardiochirurgo di fama internazionale, svenne.
Quando, cinque minuti dopo lo risvegliarono, il dottore non riusciva a credere ai suoi occhi: un paziente, oltretutto morto senza preavviso, fluttuava a un metro circa di altezza sopra il suo letto senza permesso contravvenendo a tutte le regole dell’ospedale.
La prima cosa che il De Tommaso fece fu quella di controllare la cartella clinica perché così si addice a un vero professionista, dopodiché, con la velocità di una prostituta che fugge da una retata, diagnosticò al Trombin una forma estrema di aerofagia la quale, impedendo la fuoriuscita di gas dal corpo, lo portava ad essere più leggero dell’aria.
A quel punto l’infermiera Perelli che, mentre ascoltava la diagnosi immaginava i genitori del De Tommaso disperarsi per i soldi gettati e le ferie sacrificate allo scopo di far studiare il figlio, fece notare che il corpo del paziente, essendo questi deceduto, non avrebbe potuto trattenere del gas ma, anzi, rilasciarlo.
Il medico, voltandosi di scatto con sguardo diabolico e carbonizzandola sul posto, le fece notare a sua volta che i genitori avevano speso fior di quattrini e rinunciato alle ferie per anni pur di farlo studiare e quindi non era prevista nessuna forma di incompetenza nel suo agire; si trattava di aerofagia e la cosa finiva lì. Rimaneva il problema di riportare il corpo nella sua giusta allocazione.
Nel frattempo, come da prassi, l’infermiera Storti aveva contattato il prete per l’estrema unzione mentre il Folletti, ripresosi dallo choc iniziale, era disteso sul letto circondato da una collana di aglio di poco chiara provenienza recitando il Padre Nostro e l’Ave Maria alternati in sequenze da dodici con la Bibbia in una mano e il Corano nell’altra, perché è sempre meglio abbondare che deficere.
Quando Don Mario, cappellano dell’ospedale nonché ex missionario presso la chiesa di Nostra Signora delle Insolazioni a Miami, entrò nella stanza, vedendo il corpo del Trombin galleggiare coperto da un lenzuolo si fece prontamente il segno della croce e pronunciò alcune parole incomprensibili riguardo a un non meglio precisato demone avicolo distraendo il Brugola e facendogli perdere il conto dei Pater Noster, prontamente sostituiti con considerazioni più o meno veritiere sulla presunta attività lavorativa della madre del parroco.
Donna Mirella, moglie del Trombin, anch’ella avvisata prontamente dall’infermiera, giunse nel momento in cui veniva impartita l’estrema unzione con apposito innaffiatoio a collo lungo, per ovvi motivi. Nel vedere il marito morto e volante esplose in un pianto disperato e venne colta da malore immediatamente soccorsa dalla Perelli la quale le riempi le tasche di oggetti pesanti recuperati al volo, allo scopo di zavorrarla (nel dubbio …).
Alle sei e trenta circa del mattino, mentre il dottor De Tommaso pensava a piombare la salma, donna Mirella pensava che il vestito buono per il funerale si trovava in lavanderia, don Mario recitava le orazioni su un bignami di Penthouse, le infermiere inzuppavano fette biscottate nel caffellatte e il Brugola pensava a che numero potesse corrispondere il morto volante nella smorfia napoletana, il corpo di Artemio Trombin di professione fabbro in pensione, emise una scorreggia da guinness dei primati fonando i capelli del parroco, immediatamente seguita da un rutto di undici secondi netti modulati in Do minore e si riadagiò sul letto sottostante.
I presenti osservarono e ascoltarono la scena sbalorditi e proprio mentre il dottor De Tommaso si preparava ad accogliere i complimenti per la diagnosi inequivocabile, gli occhi di Artemio Trombin di professione fabbro in pensione, si aprirono.
Si guardò lentamente intorno, un po’ stupito dalla presenza di tutta quella gente nei pressi del suo letto, poi, accortosi della moglie le disse:
- Sai, ho fatto un sogno stranissimo. Ero stanco e affamato in un luogo che non conoscevo. Poi, ad un certo punto, in lontananza, è apparsa una luce bianca che mi invitava ad andare verso di lei, solo che…
- Solo che, cosa? – ribadì la moglie.
- Solo che ero troppo stanco e debole per muovermi, non riuscivo a raggiungerla… per quanto mi sentissi attratto. Poi, d’improvviso…
-D’improvviso?- ripeté don Mario, che già prospettava la pubblicazione di un libro dal titolo “La luce esiste l’ha vista un mio amico”.
-D’improvviso- riprese Trombin- la luce è venuta verso di me, lentamente. Oh, se tu avessi potuto vederla, era così bella, così dolce, così chiara, intensa, profumata e mi si è fermata davanti, proprio qui- disse indicandosi il viso.
-E tu? – chiesero tutti all’unisono, in preda all’ansia di ricevere la sacra rivelazione.
-E io… l’ho mangiata.

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